giovedì 9 dicembre 2010

Muta

Muta
quanti fili da dipanare
attrocigliati in matassa che pesa sul petto
come granitico nodo di calce e cemento.
Silenziosa
rimango al centro di pensieri
che mi afferrano
e sbattono
e lacerano
e non mi concedono quiete.
Contusa
vorrei piangere eppure non ci riesco
sono piena di dolore
ma sordo
e vuota dentro.
L'istinto mi spinge a fuggire
rifugiarmi in uno stato alterato
bere
ne ho bisogno quasi come un alcolizzato.
Resisto
mi ribello al mio stato di ora e di sempre.
Ribellarmi a me stessa è la sola soluzione!
Ribellarmi alle abitudini è la sola comprensione!
sabotare la  ruota
che gira
e gira
e gira
sempre uguale a sè stessa.
Uscire di strada
perdersi in sentieri che non conosco.
E chiamare!
Chiamare!
Nausea per ciò che non cambia.
Per le mie visioni sparate a colpi violenti sul mondo.
Per le mie piccole vibranti
arroganti
meschine
miserie.
Immobile
e in movimento perpetuo
chiamo da dentro il mio petto
un urlo sempre uguale
sempre lo stesso
ma così forte
così sincero.
A volte ho bisogno di te,
a volte ho bisogno che tu m'imponga il silenzio.
Voglio lasciarmi urtare,
douce Mère,
dalle grette bassezze di questo mondo oscuro.
Comprendere sulla mia cruda carne e senza veli
la verità del creato.
Permettimi di diventare Regina del mio regno.
Colei che non viene gestita da ciò che non vede
Colei che sa
ed onora il tuo nome.
Permettimi di conoscere
comprendere
dipanare
i fili violenti che pesano sul cuore.
Sul cuore di chi è con me
in questo assurdo viaggio senza luce
senza coscienza
che è la vita
così opaca
in assenza della tua benevolenza.
Percossa
me ne rimango qui
al centro di tutto
e invoco il silenzio,
sacro chiarificatore
di ombre che celano la verità
dietro la grande menzogna,
e tu ne sorridi,
di questa antica 
involuta
infelice 
strafottente
umanità.

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